martedì 18 novembre 2008

Amleto

Palco nudo, formato da assi inclinate verso il pubblico e interrotto da uno squarcio a riprodurre la botola "infernale" del teatro elisabettiano; un paio di sedute spartane; sacchi di iuta colmi sui margini della scena; una sola persona in scena avvolta da uno stralcio di cielo stellato -unico elemento di stacco rispetto allo spoglio ambiente circostante....così si apre lo spettacolo che venerdì 17 ottobre ha aperto la stagione di prosa del teatro Fraschini di Pavia: l' Amleto.
Lella Costa, unica protagonista, si trasforma di volta in volta in narratore, commentatore, personaggio per farci riscoprire sotto una nuova luce la storia del dubbio più famoso del mondo. Seguendo un testo da lei elaborato, insieme al regista Giorgio Gallione e a Massimi Cirri, ripercorre le vicende del principe di Danimarca dalle sue origini di racconto medievale, attraverso il plurirappresentato testo shakespeariano, fino alle sue ricadute contemporanee, lasciando intatto il nucleo pregnante della tragedia, ma trasformandola in una sorta di teatro di narrazione utilizzato per smuovere le coscenze di tutti i tempi, specialmente quelle contemporanee.
Ecco così che, sotto la guida della sua voce versatile e della sua recitazione coinvolgente -in un impianto fedele alle convenzioni del teatro inglese del '500 e '600- il palco e le suppellettili su di esso disposte si trasformano in castello di Elsinore, torri di guardia, cimitero, biblioteca, sala reale; il drappo stellato diventa manto regale, trono, cadavere; mele che si rovesciano rotolando sul palco sono fiotti di sangue che zampillano...
Lella Costa indaga le psicologie e i sentimenti dei singoli personaggi, ne evidenzia incertezze, ipocrisie e dilemmi. Gli stessi dilemmi che tutti noi siamo chiamati ad affrontare ogni giorno nelle piccole e grandi questioni della vita.
In una riflessione che si articola tra il tono serio dell'analisi storica ed esistenziale e quello ironico-sarcastico di chi vuole sbeffeggiare le facciate di rappresentanza, l'attrice riserva ampio spazio alla causa pacifista che si fa largo nella trama narrativa. Molto sentita da Lella Costa questa tematica, sepre attuale, ben si amalgama al testo shakespeariano tranne -a mio avviso- in alcuni momenti in cui i riferimenti ironici sull'argomento, legati all'attualità, risultano non proprio freschi e originali.
Nel complesso lo spettacolo offre allo spettatore una buona amalgama di capacità recitative e interpretative, coinvolgimento emotivo, occasioni di riflessione e novità nell'accostarsi a una delle tragedie più famose della storia del teatro.



VOTO: /5

venerdì 17 ottobre 2008

Mamma Mia!

Arriva sullo schermo Mamma Mia!, il film musicale incentrato sulle canzoni degli Abba e tratto dall'omonimo musical teatrale che debuttò a Londra nel 1999 con la drammaturgia di Catherine Johnson e la regia di Phyllida Lloyd. Secondo il principio in base al quale "squadra che vince non si cambia" le due donne, insieme alla produttrice Judy Craymer, tentano di bissare il successo del precedente teatrale e approdano al cinema forti di un ottimo cast attoriale.
Sophie (Amanda Seyfried), cresciuta solo con la madre Donna (Meryl Streep) su un'incantevole isola greca, trova i diari giovanili della madre e scopre di avere tre possibili padri: l'architetto Sam Carmichael (Pierce Brosnan), il bancario Harry Bright (Colin Firth) e il marinaio Bill Anderson (Stellan Skarsgard). Decide così di invitarli tutti, a insaputa della mamma, in occasione del suo matrimonio con Sky (Dominic Cooper) e ciò porterà scompiglio nella, di solito tranquilla, isoletta sotto la quale è nascosta la fonte della dea Afrodite.
Questa la trama che, più che condurre allo svelamento del "giallo" e alla conclusione dell'intreccio narrativo con un significativo ritrovamento della figura paterna, mira a esaltare le qualità della straordinaria interprete principale. Meryl Streep, infatti, è indiscussa protagonista -insieme ai coinvolgenti e evocativi successi del gruppo svedese- di questo commedia che, pur non tralasciando tematiche importanti come il rapporto madre-figlia, l'affacciarsi alla vita di una giovane donna e l'inseguimento dei propri sogni, privilegia la creazione di un'atmosfera allegra e briosa nella quale l'attrice risulta una vera e propria "dancing queen".
Contribuiscono attivamente alla realizzazione di questo affresco anche le compagne di passate scorribande di Donna, la scrittrice solitaria Rosie (Julie Walters) e la plurisposata Tanya (Christine Baranski), che insieme alla loro migliore amica ridanno vita al loro gruppo, in puro stile anni Settanta, "Donna and the Dynamos" e con la loro verve animano spettacolari numeri musicali e spassosissime scenette. La vitale ed energica componente femminile sembra prevalere e trascinare una comunque eccellente e simpatica compagine maschile che, trovatasi coinvolta in questa avventura, alla fine, si mostrerà fonte di sorprese.
Bella la fotografia che restituisce un'immagine solare, selvaggia e invitante della Grecia e del suo splendido mare che con le sue acque contribuisce a far rinascere emozioni e sentimenti.
La colonna sonora è ben interpretata e coreografata sia dagli attori principali che dai cori della gente locale che contribuiscono a donare al film un tono folklorico e partecipato.
Impossibile non rimanere inebriati dall'ambientazione, dall'interpretazione e dalle musiche degli Abba che non ci abbandonano nemmeno nei titoli di coda e le cui parole sicuramente rimangono sulle labbra dello spettatore anche all'uscita della sala.



VOTO: /5

giovedì 9 ottobre 2008

Hancock

In un mondo che vive d'immagine e di strategie di comunicazione nemmeno un supereroe può salvarsi dal giudizio mediatico e dal consenso popolare, specialmente se è un goffo, trascurato e alcolizzato paladino della giustizia. Solo un esperto di marketing e pubbliche relazioni può porre rimedio a una situazione tanto disperata e riportare in auge il suo cliente restio verso le relazioni interpersonali.
Questa la storia di Hancock (Will Smith) - raccontata dal regista Peter Berg- che, in una "normale" giornata di disastrosi salvataggi ha la fortuna di incontrare sulla sua strada Ray Embrey (Jason Bateman), suo alter ego senza supe poteri impegnato in una lotta, che pare vana, contro l'egoismo e l'avidità delle multinazionali farmaceutiche.
Tra un completo restyling estetico e comportamentale, interviste con la stampa e strategie pubblicitarie mirate a riconquistare la stima degli abitanti di Los Angeles, pian piano impariamo a conoscere questo eroe scontroso, segnato da una profonda solitudine e la cui "criptonite" si rivelerà essere il più "umanizzante" dei sentimenti: l'amore capace di rendere vulnerabile -e non solo in senso figurato- anche il più forte dei supereroi.
Azzeccatissima la scelta del protagonista Will Smith che è perfettamente in grado di calarsi nei panni di Hancock, riuscendo a comunicarne allo spettatore sia l'aspetto irriverente e burlesco, sia quello più intimo e nascosto dietro l'apparenza. Anche Charlize Theron, nei panni della moglie di Ray e non solo..., si distingue per la sua recitazione convincente e comunicativa.
Insieme alle mirabolanti riprese aeree, agli scontri coi criminali e alle avventure strabilianti, che non possono mancare in un film del genere, il regista Peter Berg riesce a tratteggiare con ironia e freschezza la figura di questo eroe sui generis che, pur non rispondendo all'immaginario comune, non può non risultare vincente nella sua imperfetta autenticità.



VOTO: /5

lunedì 1 settembre 2008

Il cavaliere oscuro

In una Gotham City sommersa dalle tenebre, il regista Chritopher Nolan presenta un Batman (Christian Bale) coraggioso, ma anche estremamente "umano" alle prese con il crimine che travolge e sommerge la città. Fin qui la solita storia del superoe costretto ad affrontare i cattivi per sconfiggerli e riportare la tranquillità...se non fosse per il fatto che in questo film la tranquillità è ben lungi dall'essere raggiunta e che la malvagità è così profondamente radicata nella società da portare a confondere i confini tra bene e male, tra giusto e sbagliato. Di nulla e di nessuno ci si può fidare in questo mondo invaso dalla corruzione, governato dalla mafia che vanta infiltrati in tutti i settori nevralgici dell'organizzazione statale e dove perfino il procuratore Harvey Dent (Aaron Eckhart) può trasformarsi da strenuo paladino della giustizia a spietato vendicatore.
Artefice di questo cambiamento ed espressione più pura di questa cattiveria ontologica, paladino della teoria dell' "homo homini lupus" è Joker che con i suoi trucchi e le sue macchinazioni mette in scena il "piacere" della crudeltà. Sfigurato da un ghigno ironico-malefico e magistralmente interpretato da Heath Ledger, candidato post-mortem all'Oscar per questo ruolo, Joker si diverte a provocare il suo nemico giurato Batman. Non è il desiderio di denaro a muoverlo, nè l'ambizione al potere, ma la volontà di spingere gli uomini verso il loro lato più oscuro. Desiderio di vendetta, emarginazione, solitudine...non è dato sapere con precisione l'origine di questa personalità quasi animalesca, profondamente negativa e scevra da ogni barlume di riscatto o giustificazione.
A far fronte a tutto ciò Bruce Wayne, brillante imprenditore, che di notte veste i panni dell'uomo pipistrello pronto ad offrire alla città ciò di cui ha realmente bisogno, anche se questo significa rinunciare all'immagine dell'eroe positivo tutto di un pezzo acclamato dalla folla.
In questo clima profondamente noir, in un ambiente cupo e ansiogeno nemmeno l'amore riesce a sopravvivere e all'eroe non rimane nulla al di là dell'illusione di una storia che in ogni caso sarebbe stata senza futuro.
Unico personaggio che riesce a mantenere un alone di positività, anche se a spese della serenità della propria famiglia, è il poliziotto James Gordon (Gary Oldman) che insieme a Micheal Caine (il maggiordomo e consigliere di Bruce Wayne) e Morgan Freeman (fidato aiutante di Wayne) dà vita a un cast di comprimari degno di nota.
Unica pecca del film è forse l'eccessiva durata che, se da un lato contribuisce all'approfondimento psicologico dei personaggi, dall'altro rende un po' pesanti alcuni passaggi.


VOTO: /5



domenica 13 luglio 2008

La critica....

Con la fine della stagione teatrale pavese e le mie, purtroppo, poche occasioni di recarmi al cinema in questo periodo, il blog langue...e allora, complice il dvd di "Ratatouille" - graditissimo regalo ricevuto in occasione del quarto di secolo da me raggiunto recentemente- ne approfitto per postare il brano sulla critica scritto dal temutissimo, ma ormai ravveduto, Monsieur Ego di cui avevo avuto modo di accennare nella mia recensione al film del 21 ottobre 2007.
Validissima analisi del ruolo rivestito dal critico, non solo nel campo culinario, vuole essere una piccola dichiarazione d'intenti da parte della sottoscritta che, lungi dal ritenersi una vera e influente "critica" teatrale o cinematografica, nel suo percorso da "opinionista del web" vuole tenere chiari davanti a sè questi semplici, ma fondamentali principi:

"Per molti versi la professione del critico è facile,
rischiamo molto poco, pur approfittando del grande potere
che abbiamo su coloro che sottopongono il proprio lavoro al nostro giudizio.
Prosperiamo grazie alle recensioni negative che sono uno spasso
da scrivere e da leggere.
Ma la triste realtà cui ci dobbiamo rassegnare è che nel grande
disegno delle cose anche l'opera più mediocre
ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale.
Ma ci sono occasioni in cui un critico rischia davvero,
ad esempio nello scoprire e nel difendere il nuovo.
Il mondo è spesso avverso ai nuovi talenti e alle nuove creazioni,
servono sostenitori."

Buona estate a tutti!

sabato 3 maggio 2008

Iron Man

Dal 1° maggio è sugli schermi italiani Iron Man. L'ultimo atteso eroe della Marvel, che vede la luce -o sarebbe meglio dire la carta- per la prima volta nel 39° numero della serie a fumetti "Tales of suspence", prende vita al cinema per la regia di Jon Favreau.
Niente punture di insetti radiattivi, mutazioni genetiche o esposizioni nocive per questo "self made hero" che, facendo leva sul tipico spirito di intraprendenza americano, riesce con le sue sole forze e il suo ingenio a trasformarsi in una delle personalità più amate dagli appassionati del genere comics.Tony Stark è l'erede di un grande impero industriale fondato sulla produzione di armi ad altissima precisione e dalla potenza devastante. Principale fornitore dell'esercito americano impegnato sul fronte afgano, proprio durante un viaggio dimostrativo sul campo viene rapito dai terroristi arabi che lo rinchiudono in una grotta con l'incarico di riprodurre la sua ultima micidiale invenzione: il missile Jericho. Qui il magnate delle armi, accortosi che anche gli avversari beneficiano del suo operato e resosi conto della grande responsabilità che la sua figura riveste nell'alimentazione della guerra, decide di abbandonare il ruolo di "mercante di morte" che, fino ad allora, aveva rivestito senza alcuno scrupolo morale. Aiutato da Yin-Sen (Shaun Toub), suo compagno di prigionia, progetta un' armatura che, alimentata dallo stesso congenio che lo mantiene in vita (tenendo lontane dal suo cuore le schegge dei proiettili con cui è stato colpito durante l'attentato), gli permetterà di evadere. Tornato in America, Tony Stark annuncia alla stampa di voler definitivamente abbandonare la produzione di armi e si dedica al perfezionamento della sua avvenieristica armatura con la quale fronteggerà ancora una volta i terroristi e il suo nuovo nemico: Obadiah Stane (Jeff Bridges), vecchio socio di suo padre che non vede di buon occhio le mutate attitudini del giovane e nutre da sempre mire di comando sulle Starks Industries.
A interpretare il protagonista, l'attore Robert Downey Jr. che ben incarna questo rampollo milionario e geniale, un po' arrogante, sempre pronto alla battuta sarcastica, avvezzo alle donne e ai divertimenti che si ravvede per trasformarsi in un supereroe in difesa dei più deboli.
Con 186 milioni di dollari di budget, la prima produzione interamente gestita dalla Marvel e dal suo presidente Stan Lee (presente in un simpatico cameo all'interno del film) è una vera chicca per gli appassionati di tecnologia e di computer graphic. Gli effetti speciali, firmati Industrial Light & Magic, non cadono nell'errore -rischio spesso ricorrente in questa tipologia di film- di sembrare stucchevoli e fini a se stessi. Sempre al servizio della narrazione, contribuiscono all'esaltazione delle qualità performative di Iron Man e offrono anche un simpatico e "umano" ritratto del supereroe che, nel suo percorso di genesi, non è esente da buffi e goffi siparietti, spesso in compagnia dell'intelligenza artificiale che lo coadiuva nei suoi esperimenti.
Da non dimenticare anche la gradevole presenza di Pepper Potts (Gwyneth Paltrow), la premurosa assistente tutto-fare di Tony Stark, e il ruolo di James Rhodes (Terrence Howard) pilota dell'esercito e migliore amico del protagonista che rivestirà un ruolo sempre più importante nelle avventure di Iron Man.
Nell'eterna lotta tra bene e male, questa è solo la prima avventura cinematografica di Iron Man del quale si attendono sicuramente altri episodi. Non siate impazienti e attendete pazientemente lo scorrere di tutti i titoli di coda per averne la prova.



VOTO:
/5

martedì 1 aprile 2008

Tutta colpa di Garibaldi

Ieri 31 marzo, a Pavia, è andato in scena l'ultimo appuntamento del ciclo "Il teatro che ride". Gioele Dix, abbandonato il ruolo dell'automobilista cronicamente "incazzato" dell'ultima stagione di Zelig, arriva al teatro Fraschini con lo spettacolo Tutta colpa di Garibaldi.
Il testo, del quale l'attore protagonista è autore insieme a Nicola Fano e a Sergio Fantoni (anche regista dello spettacolo), in un mescolarsi di comicità e riflessione, ripercorre alcune delle vicende che vedono coinvolto l'Eroe dei Due Mondi nel processo verso l'unità d'Italia. Da un accurato studio di memorie e testimonianze emerge un ricco e variegato ritratto di Garibaldi che, attraverso alcuni episodi salienti della storia "italiana" dalla prima guerra d'indipendenza alla spedizione dei mille, attraverso gli esili e i viaggi all'estero, restituisce un'immagine del generale coraggioso, del condottiero a volte spericolato, del marito innamorato e dell'uomo tenace che , fiducioso nel proprio obiettivo, "vuole farsi i fatti degli altri in un paese dove tutti pensano ai fatti propri".
Lo spettacolo inizia quando Gioele Dix arriva su un improbabile palco per mettere in scena uno spettacolo su Garibaldi e qui trova una brutta sorpresa visto che, ad attenderlo, invece di un'intera e organizzata compagnia di attori e tecnici, l'attore trova solamente una volenterosa e vivace "location manager" brasiliana (Edmarcia De Androade) e un abile contrabbassista spagnolo (Matteo Malavasi) a sostituire l'orchestra. Proprio in loro compagnia, dopo un'iniziale riluttanza, l'attore comincia le prove generali di quella che non vuole essere una semplice lezione di storia, ma l'ironica e a volte sarcastica riscoperta di avvenimenti del passato che hanno segnato indelebilmente il destino italiano. Ed è così che, accompagnata da un sottofondo musicale magistralmente interpretato ed estremamente vario (si va dal rock agli inni nazionali, passando attraverso le canzoni patriottiche, i ritmi latini e gli spartiti di cantautori italiani), si srotola davanti gli occhi dello spettatore una sequenza di eventi nei quali è possibile riconoscere innegabili somiglianze con la contemporaneità. Ed ecco che tra approssimate (solo per quanto riguarda i mezzi di scena e non certo i contenuti) ricostruzioni storiche, battute umoristiche e giochi di parole, favoriti dall'internazionalità dello staff e dalla veloce parlata della preziosa assistente sudamericana, emergono temi attuali da quelli quali gli interessi e l'incoerenza della classe politica, il conflitto d'interessi, il lavoro precario condito dagli estenuanti "le faremo sapere" e molto altro ancora. A fare da filo conduttore quel concetto di italianità che ha potuto svilupparsi e prendere piede proprio grazie a (o forse sarebbe meglio dire 'per colpa di') Garibaldi che con le sue aspirazioni a dato il via al processo di unificazione nazionale. Un'italianità messa alla berlina in questo spettacolo e fatta di incoerenza, di disorganizzazione e di quei luoghi comuni che ci rendono malamente noti all'estero.
A suo agio nel riprodurre le più disparate sonorità dialettali dei regni pre-unitati a servizio di una narrazione puntuale, ma divertente, attraverso una recitazione briosa e versatile, Gioele Dix ci guida in questo insolito e interessante viaggio alla scoperta non solo di un personaggio storico, ma anche di una parte di noi e della nostra natura.




VOTO: /5

venerdì 28 marzo 2008

Muratori

Curiosa di vedere dal vivo uno spettacolo che avevo "solo" sentito raccontare dal suo autore, mio coinvolgente e brillante professore durante un corso universitario di scritture per la scena e per lo schermo, mi sono recata ieri, 27 aprile, al teatro Fraschini di Pavia per assistere alla messa in scena di Muratori.
Giunto al sesto anno di repliche, questo testo è finalmente arrivato nella città natale di Edoardo Erba, il drammaturgo che lo ha ideato, e ha saputo coinvolgere la platea con la sua ironia e col suo tono leggero, ma non frivolo. E' attraverso battute e situazioni divertenti, infatti, che lo spettatore, tra una risata e l'altra, è condotto in un viaggio tra la quotidianità umana più concreta e il mistero di una visione poetica dell'esistenza incarnato dal medium teatrale.
Muratori racconta la storia di due manovali romani Fiore (Paolo Triestino) e Germano (Nicola Pistoia) che, per raggiungere il sogno di aprire una loro ditta di spurghi, accettano di lavorare per un'imprenditore che ha chiesto loro di chiudere con un muro il boccascena di un teatro ormai in disuso, per permettere al supermercato vicino di allargare il proprio magazzino. Ovviamente, complici i vincoli dei beni culturali e l' abitudine italiana allo sfruttamento del lavoro irregolare, i due sono costretti a lavorare in nero e di nascosto.
E così, in un originale e coinvolgente gioco metateatrale, l'intero teatro pavese -e non solo il palcoscenico- si trasforma nel deserto stabile romano nel quale, di notte, giungono i due amici per portare a termine il loro compito. Il pubblico in sala "scompare" trasportato dal magico gioco del Teatro in un'altra dimensione, per farsi testimone delle fatiche e delle confidenze dei due muratori che, spingendo su è giù dal palco carriole cariche di mattoni, riflettono a modo loro sui problemi di tutti i giorni, sulla vita, sulle delusioni d'amore e su alcuni dilemmi della contemporaneità.
E mentre, come moderni automi che ricordano un po' le catene di montaggio chapliniane e gli operai langhiani di "Metropolis", costruiscono questo muro, incontrano Giulia (Eleonora Vanni), una donna bellissima e seducente che modificherà la loro visione delle cose. Questa figura, avvolta nel mistero, altri non è che la protagonista della " Signorina Giulia" di Strindbergh, ultimo spettacolo andato in scena in quel teatro. Con il suo ingresso la protagonista femminile porta con sè tutto il potere evocativo del Teatro che, sebbene risulti sempre più estraneo in un mondo concentrato spesso solo sui beni materiali, deve essere difeso e salvaguardato.
Guidata dalla regia di Massimo Venturiello, l'interpretazione dei due attori (che ho potuto apprezzare al meglio, favorevole un ottimo posto a sedere che mi ha permesso di vivere da vicino la loro presenza) mette in risalto qualità di immediatezza e di affiatamento che, insieme ad un testo vivace nel quale le battute e gli scambi si susseguono senza mai perdere la loro frizzantezza e pregnanza, contribuiscono a fare di Muratori uno degli spettacoli più interessanti e godibili di questa stagione teatrale pavese.



VOTO:/5

domenica 24 febbraio 2008

Parliamone insieme: la famiglia.

Riprende lunedì 25 febbraio a Pavia, presso la sala Riccardo Pampuri dell'istituto Domus Pacis di Via S. Lanfranco, il secondo ciclo del cineforum intitolato "Parliamone insieme".
Protagonista di questa seconda edizione del periodo 2007/2008 è il tema della famiglia, analizzato attraverso la visione di tre pellicole che affrontano problematiche inerenti differenti nuclei familiari: La guerra di Mario, La ricerca della felicità e Once were warriors.
In questa occasione l'iniziativa ha visto convergere il desiderio di confronto del Gruppo Giovani della Parrocchia di San Lanfranco, guidato da Don Emilio Carrera, con la volontà da parte del Centro Affidi del Comune di Pavia di mettere in luce, all'interno delle dinamiche familiari, una tematica delicata e importante quale quella dell'affido.
Ed è proprio su questo argomento che è incentrato il primo film in programma. La guerra di Mario, opera del 2005 del regista Antonio Capuano, aprirà domani sera la rassegna cinematografica che proseguirà lunedì 3 marzo con La ricerca della felicità, lungometraggio che nel 2006 segna l'apertura dell'esperienza hollywoodiana del regista Gabriele Muccino e vede Will Smith nelle vesti di padre premuroso che ce la mette tutta per non deludere suo figlio, per concludersi lunedì 10 marzo con Once were warriors film neozelandese del 1994 di Lee Tamahori dove l'unione di una famiglia maori è messa alla prova dal confronto con la società e le sue piaghe.
Ancora una volta introdotti e commentati con il supporto del Gruppo Giovani della parrocchia San Lanfranco, i tre film scelti verranno presentati alle ore 20:45 per poi essere proiettati a partire dalle ore 21. Il costo dell'ingresso è di 5 euro a film (10 euro per l'intero abbonamento).
Vista l'importanza dell'argomento trattato e le possibilità che quest'ultimo offre alla nascita di un di dibattito sempre vivo e -si spera- costruttivo, specialmente nel periodo odierno in cui tanto si discute della famiglia e di tutte le sue forme, ci auguriamo che questo cineforum abbia successo e che tutti coloro che sono interessati si presentino numerosi domani sera per parlare insieme di quello che è uno dei pilastri fondanti della società: la famiglia.

mercoledì 20 febbraio 2008

Le storie del signor Keuner

Ieri, 19 febbraio, è andato in scena al teatro Fraschini lo spettacolo Le storie del signor Keuner. Il testo, composto a partire dal 1929 e portato avanti fino agli ultimi anni di vita dell'autore, è tra i meno conosciuti di Bertolt Brecht e raccoglie una serie di racconti e di aneddoti che vedono dipanarsi le considerazioni di un alter ego del famoso drammaturgo, il signor K. (Keuner appunto), a proposito della Storia e del ruolo che l'uomo, con i suoi dubbi, le sue debolezze e la sua sete di libertà e giustizia, si trova a rivestire nello scorrere degli eventi.
Moni Ovadia, recentemente insignito di una laurea honoris causa dall'Università degli Studi di Pavia, ritorna nel capoluogo di provincia lombardo come regista -insieme a Roberto Andò- e attore di una messinscena che diventa manifesto del teatro epico brechtiano: il teatro che riflette su sè stesso e sul proprio ruolo, che rivela le sue convenzioni e i suoi "trucchi" per metterli al servizio della riflessione collettiva. Un teatro didattico che spinge gli spettatori ad abbandonare le proprie abitudini percettive, ad interrogarsi sugli eventi presentati di fronte ai loro occhi, a prendere una posizione e, una volta usciti dalla sala, ad intervenire attivamente su questa realtà per migliorarla.
Mezzo principale attraverso il quale raggiungere questo scopo è l'uso di quel principio di straniamento che costituisce uno dei cardini della poetica brechtiana e che prende corpo sul palcoscenico pavese. In una scena (Gianni Carluccio) in continua evoluzione, regna sovrana la citazione. Citazioni di gesti e di attori che mescolano suggestioni kantoriane (presente in scena Roman Siwulak che, seduto su un banco scolastico con un manichino, rievoca il celebre spettacolo "La classe morta"), atmosfere da cabaret (Lee Colbert nei panni della cantante espressionista) e rimandi al grande balletto russo (Maxim Shamkov protagonista "femminile" di un assolo di danza classica). Citazioni di brani letterari tra i quali spiccano gli scritti di Walter Benjamin e le stesse parole del signor Keuner lette in video da numerosi personaggi della vita politica e culturale italiana contemporanea. Citazioni di immagini che, proiettate direttamente sulla scenografia o su schermi sospesi, spaziono dai filmati storici, alle pellicole cinematografiche fino ai terribili documenti di cronaca riguardanti le grandi stragi italiane e i delitti di mafia.
Il tutto accompagnato dalle note di un'abile orchestra, composta da otto elementi, che si misura con brani di generi molto diversi tra loro e canzoni spesso proposte in lingua originale.
Tutti gli elementi si intersecano tra loro sulle assi del palco. La percezione del pubblico è continuamente messa alla prova: le parole e le voci si sovrappongono ai cartelli e alle scritte che scorrono su pannelli e che contengono traduzioni o moniti per chi legge e lo spettatore è costretto a scegliere quale seguire tra i frammenti narrativi presenti in scena; gli attori scendono nella platea e perfino l'identità di alcuni di essi è data per scontata (si vedano i membri della band vestiti da donna).
In un continuo gioco di sollecitazioni, Moni Ovadia, orchestratore e conduttore dell'intero meccanismo scenico, induce e conduce i presenti a trasportare quelli che erano i dubbi e pensieri del signor Keuner ai giorni nostri, a porsi delle domande e a risvegliarsi dal torpore percettivo in favore di un approccio più critico nei confronti del mondo.



VOTO: /5