domenica 24 febbraio 2008

Parliamone insieme: la famiglia.

Riprende lunedì 25 febbraio a Pavia, presso la sala Riccardo Pampuri dell'istituto Domus Pacis di Via S. Lanfranco, il secondo ciclo del cineforum intitolato "Parliamone insieme".
Protagonista di questa seconda edizione del periodo 2007/2008 è il tema della famiglia, analizzato attraverso la visione di tre pellicole che affrontano problematiche inerenti differenti nuclei familiari: La guerra di Mario, La ricerca della felicità e Once were warriors.
In questa occasione l'iniziativa ha visto convergere il desiderio di confronto del Gruppo Giovani della Parrocchia di San Lanfranco, guidato da Don Emilio Carrera, con la volontà da parte del Centro Affidi del Comune di Pavia di mettere in luce, all'interno delle dinamiche familiari, una tematica delicata e importante quale quella dell'affido.
Ed è proprio su questo argomento che è incentrato il primo film in programma. La guerra di Mario, opera del 2005 del regista Antonio Capuano, aprirà domani sera la rassegna cinematografica che proseguirà lunedì 3 marzo con La ricerca della felicità, lungometraggio che nel 2006 segna l'apertura dell'esperienza hollywoodiana del regista Gabriele Muccino e vede Will Smith nelle vesti di padre premuroso che ce la mette tutta per non deludere suo figlio, per concludersi lunedì 10 marzo con Once were warriors film neozelandese del 1994 di Lee Tamahori dove l'unione di una famiglia maori è messa alla prova dal confronto con la società e le sue piaghe.
Ancora una volta introdotti e commentati con il supporto del Gruppo Giovani della parrocchia San Lanfranco, i tre film scelti verranno presentati alle ore 20:45 per poi essere proiettati a partire dalle ore 21. Il costo dell'ingresso è di 5 euro a film (10 euro per l'intero abbonamento).
Vista l'importanza dell'argomento trattato e le possibilità che quest'ultimo offre alla nascita di un di dibattito sempre vivo e -si spera- costruttivo, specialmente nel periodo odierno in cui tanto si discute della famiglia e di tutte le sue forme, ci auguriamo che questo cineforum abbia successo e che tutti coloro che sono interessati si presentino numerosi domani sera per parlare insieme di quello che è uno dei pilastri fondanti della società: la famiglia.

mercoledì 20 febbraio 2008

Le storie del signor Keuner

Ieri, 19 febbraio, è andato in scena al teatro Fraschini lo spettacolo Le storie del signor Keuner. Il testo, composto a partire dal 1929 e portato avanti fino agli ultimi anni di vita dell'autore, è tra i meno conosciuti di Bertolt Brecht e raccoglie una serie di racconti e di aneddoti che vedono dipanarsi le considerazioni di un alter ego del famoso drammaturgo, il signor K. (Keuner appunto), a proposito della Storia e del ruolo che l'uomo, con i suoi dubbi, le sue debolezze e la sua sete di libertà e giustizia, si trova a rivestire nello scorrere degli eventi.
Moni Ovadia, recentemente insignito di una laurea honoris causa dall'Università degli Studi di Pavia, ritorna nel capoluogo di provincia lombardo come regista -insieme a Roberto Andò- e attore di una messinscena che diventa manifesto del teatro epico brechtiano: il teatro che riflette su sè stesso e sul proprio ruolo, che rivela le sue convenzioni e i suoi "trucchi" per metterli al servizio della riflessione collettiva. Un teatro didattico che spinge gli spettatori ad abbandonare le proprie abitudini percettive, ad interrogarsi sugli eventi presentati di fronte ai loro occhi, a prendere una posizione e, una volta usciti dalla sala, ad intervenire attivamente su questa realtà per migliorarla.
Mezzo principale attraverso il quale raggiungere questo scopo è l'uso di quel principio di straniamento che costituisce uno dei cardini della poetica brechtiana e che prende corpo sul palcoscenico pavese. In una scena (Gianni Carluccio) in continua evoluzione, regna sovrana la citazione. Citazioni di gesti e di attori che mescolano suggestioni kantoriane (presente in scena Roman Siwulak che, seduto su un banco scolastico con un manichino, rievoca il celebre spettacolo "La classe morta"), atmosfere da cabaret (Lee Colbert nei panni della cantante espressionista) e rimandi al grande balletto russo (Maxim Shamkov protagonista "femminile" di un assolo di danza classica). Citazioni di brani letterari tra i quali spiccano gli scritti di Walter Benjamin e le stesse parole del signor Keuner lette in video da numerosi personaggi della vita politica e culturale italiana contemporanea. Citazioni di immagini che, proiettate direttamente sulla scenografia o su schermi sospesi, spaziono dai filmati storici, alle pellicole cinematografiche fino ai terribili documenti di cronaca riguardanti le grandi stragi italiane e i delitti di mafia.
Il tutto accompagnato dalle note di un'abile orchestra, composta da otto elementi, che si misura con brani di generi molto diversi tra loro e canzoni spesso proposte in lingua originale.
Tutti gli elementi si intersecano tra loro sulle assi del palco. La percezione del pubblico è continuamente messa alla prova: le parole e le voci si sovrappongono ai cartelli e alle scritte che scorrono su pannelli e che contengono traduzioni o moniti per chi legge e lo spettatore è costretto a scegliere quale seguire tra i frammenti narrativi presenti in scena; gli attori scendono nella platea e perfino l'identità di alcuni di essi è data per scontata (si vedano i membri della band vestiti da donna).
In un continuo gioco di sollecitazioni, Moni Ovadia, orchestratore e conduttore dell'intero meccanismo scenico, induce e conduce i presenti a trasportare quelli che erano i dubbi e pensieri del signor Keuner ai giorni nostri, a porsi delle domande e a risvegliarsi dal torpore percettivo in favore di un approccio più critico nei confronti del mondo.



VOTO: /5

lunedì 4 febbraio 2008

Sola me ne vo

Tappa a Pavia per lo spettacolo Sola me ne vo che nelle sere dell' 1, 2 e 3 febbraio ha visto protagonista la grande Mariangela Melato sul palcoscenico del teatro Fraschini.
L'attrice si muove in una scena in nero, firmata da Marcello Jazzetti, che si anima della luce di numerose lampadine che sottolineano l'ingresso del boccascena e il contorno degli specchi-schermo, appesi sullo sfondo, sui quali vengono proiettate le immagini dei personaggi vestiti in passato dalla Melato e sui quali prende vita l'orchestra virtuale che, insieme al pianista Lorenzo Capelli presente sul palco, accompagna la protagonista nei numeri musicali.
Ecco così che in un gioco di luci e ombre, tra performance canore intensamente interpretate e coreografie (curate da Luca Tommassini) eseguite insieme ai suoi sei boys (Marco Bebbu, Stefano Benedetti, Tony B., Emanuele Pin, Paolo Sabatini, Marcello Sacchetta) e spazianti in un ventaglio espressivo che va dal tip tap al tango, passando per il grande varietà, Mariangela Melato ripercorre brani della sua vita artistica e non.
Guidata dal testo che lei stessa ha scritto insieme a Vincenzo Cerami, Riccardo Cassini e Giampiero Solari, l'attrice rivive la Fedra di Racine -vivacizzata da un divertente e imbarazzante incidente del mestiere-; gli esordi al teatro Odeon di Milano nella compagnia di Dario Fo e Franca Rame e alcuni dei propri trascorsi cinematografici, ironicamente rievocati dalla voce del Gennarino Carunchio di Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto che le ricorda continuamente i suoi ruoli da prostituta...
La carriera si mescola poi con frammenti di vita privata e familiare che aprono il sipario su una Mariangela Melato profondamente legata alla milanesissima coppia di genitori: la mamma sarta, perplessa di fronte alla fase "dark" della figlia adolescente e il papà ghisa (per i non milanesi: vigile urbano). Tra la descrizione di una giornata di riposo lontano da impegni lavorativi; le riflessioni sulla vita di coppia di "una" che alla fine, un po' per convinzione personale e un po' per mancanza di una vera e propria proposta, non si è mai sposata e gli omaggi a grandi personaggi dello spettacolo come Wanda Osiris, Giorgio Gaber e Claudio Villa, l'attrice rivela tutte le sue qualità performative e crea un intimo legame col pubblico che, in diversi momenti, viene interpellato e coinvolto direttamente.
In un continuo e sfumato passaggio dalla donna all'interprete e viceversa, Mariangela Melato mette in luce tutta la sua energia, la sua vena ironica, la sua capacità di calcare e rendere viva la scena e, con lei, il teatro: quel luogo magico popolato dallo spirito delle migliaia di personaggi che vi sono transitati e dove la vita e il mondo assumono una propria peculiare dimensione.
Le quasi due ore senza interruzioni -rette magistralmente dall'attrice senza cedimenti, nonostante un po' di raffreddore- corrono veloci in uno spettacolo che rende merito alle grandi doti e all'esperienza di quella che si può considerare una delle più apprezzate e riconosciute attrici del panorama italiano.



VOTO:/5

venerdì 1 febbraio 2008

Si vive una volta. Sola.

Ieri 31 gennaio per la rassegna "Il teatro che ride" è andato in scena, al teatro Fraschini, lo spettacolo Si vive una volta. Sola, ideato e interpretato da Geppi Cucciari, una delle comiche più apprezzate e popolari di Zelig.
In un teatro stracolmo di spettatori, radunatisi per assistere alla "performance" della simpatica trentaquattrenne sarda, c'ero anch'io, curiosa di verificare se la naturale predisposizione della protagonista alla battuta sarcastica e alla critica ironica applicata a spaccati di vita femminile, che tanto mi aveva divertito in tv, avrebbe retto una volta trasportata sulle assi di un palcoscenico in un vero e proprio spettacolo. A rispondere a questi miei dubbi un'ora e venti di risate, suscitate dalla divertente ricostruizione di insicurezze, manie e abitudini femminili, per un bilancio della serata decisamente positivo.
Il monologo ruota attorno a un canovaccio narrativo costituito dalla disperata ricerca da parte della protagonista e di due sue care amiche di un accompagnatore per non sfigurare -uniche non fidanzate- al matrimonio della più bruttina della classe che, fuori da ogni previsione, è riuscita a trovare un partito da sposare, facendo ricadere Geppi & Co. in un vortice di autoironica commiserazione.
La vicenda offre lo spunto per una esilerante riflessione sulla "singletudine" fatta di serate passate a rileggere i numerosi (2) messaggi degli ex, a ricordare tutti (1) i capodanni trascorsi con un uomo o a trangugiare cucchiaiate di nutella, il tutto ascoltando una canzone strappalacrime. Tra estenuanti (si fa per dire) sedute di step, ore e ore passate di fronte a un armadio pieno di vestiti acquistati in attimi di follia o che non entrano più e abbuffate tra amiche che condividono lo stesso destino, quello che si costruisce davanti ai nostri occhi è un universo in rosa, esplorato non senza una vena di autocritica comicità, che in fondo ride di se stesso e che dà il proprio meglio quando si scontra con quell'affascinante, ma altrettanto distante, mondo che è la psiche maschile. Ne nascono avventure fatte di incomprensioni e di modi diversi di affrontare la vita, la spesa, la prima notte insieme, le faccende domestiche, la guida e molto altro ancora, in alcune delle quali è impossibile non riconoscersi.
Abile a mantenere vivo il contatto col pubblico (anche nel divertente bis che ha visto coinvolta la platea e una giovane coppia di promessi sposi tra gli spettatori) con la sua verve, Geppi è il volto di una donna come tante capace di lamentarsi quando è sola, ma di fare altrettanto quando ha accanto a sè un compagno, perchè è bello così, perchè noi donne non saremmo noi senza questa continua ricerca della perfezione, senza questa irrinunciabile tendenza a non accontentarsi mai, perchè -come diceva Fiorella Mannoia- "siamo così dolcemente complicate...". E allora impariamo da Geppi Cucciari a prenderci un po' in giro, a sdrammatizzare e a riderci su.



VOTO:/5