martedì 27 novembre 2007

Parliamone insieme: "California Split"

Alla sua terza edizione, ieri 26 novembre ha ripreso il via l'iniziativa "Parliamone insieme" cineforum organizzato dal Gruppo Giovani della Parrocchia San Lanfranco di Pavia (Circolo ANSPI) in collaborazione con le parrocchie di SS. Salvatore, S. Maria di Caravaggio e Torre d’Isola e col Comitato di Quartiere Pavia Ovest.
Nato dalla volontà di questo gruppo di ragazzi (a cui anch'io appartengo) di confrontarsi e di discutere su alcune delle tematiche significative della società odierna e aperto all'intera comunità cittadina, il progetto quest'anno (dopo l'attualissimo tema dell'integrazione affrontato nel 2006) vuole rivolgersi all'argomento delle dipendenze e ha scelto di farlo attraverso la proiezione di tre film dedicati uno al gioco d'azzardo (California Split di R. Altman); uno all'alcolismo (28 giorni di B. Thomas) e uno alla droga (Requiem for a Dream di D. Aronofsky).
L'appuntamento è il lunedì sera (oltre all'ormai passato 26 novembre, i prossimi incontri sono previsti per il 3 e il 10 dicembre 2007) presso la Sala Riccardo Pampuri - Domus Pacis (Via S. Lanfranco 13) dove alle 20:45 il film verrà brevemente presentato e introdotto da uno dei membri del Gruppo Giovani, Alessandro Calvi, e dove alle 21 avrà inizio la proiezione.
L'ingresso al costo di 10 euro complessivi per i tre film (5 euro la singola serata) comprende anche l'iscrizione annuale al circolo ANSPI.
Al termine della visione segue un libero e spontaneo dibattito che, a differenza delle edizioni precedenti -a volte più incentrate sui risvolti registici, tecnici e stilistici del film- punta a concentrare l'attenzione sulle tematiche sviluppate dalla proiezione ed, in particolare, sulle conseguenze che una qualsiasi dipendenza può provocare nella vita di un uomo.
Vorrei concludere con una breve presentazione del primo film presentato. California Split è un'opera di Robert Altman del 1974 in cui il regista presenta magistralmente la vita di due "amici" appassionati del gioco d'azzardo (corse di cavalli, cani, poker, casinò...). In un clima amaro che si apre a tratti di comicità, seguiamo le esistenze di questi due uomini che vivono di espedienti tra un debito e l'altro e che sperano di risolvere tutti i loro problemi con una grande vincita. Vincita che alla fine arriverà al casinò di Reno, ma che li lascerà comunque insoddisfatti.
Le loro esistenze si incrociano con quelle di altri personaggi (giocatori, ricchi possidenti, prostitute, travestiti, ecc.) e ciò che ne emerge è un mondo fatto di urla, litigi, rapine, vendette e soldi e immerso nella solitudine. Difficile è comunicare e ogni ricerca di affetto e sentimento (si veda in particolare la figura della giovane prostituta Susan) sembra fallire così come fallimentare è, nonostante tutto, la vincita conclusiva.
Diversi tra loro -uno più spensierato e scapestrato Charlie Waters (interpretato da Elliot Gould) e l'altro più riflesssivo e tormentato Bill Denny (George Segal) - entrambi cercano emozioni nel gioco d'azzardo, ogni occasione è buona per scommettere (perfino una partitella di basket in un campetto di provincia), ma alla fine in Bill emerge il dubbio: ha vinto 82.000 dollari, ma non ha sentito niente... In questo finale aperto che si chiude con Bill che lascia le sale da gioco e sull'immagine simbolica di una ruota/roulette verticale che gira (forse una metafora della vita?) ognuno può vedere la propria interpretazione: Bill abbandonerà per sempre il gioco, avendo capito che non è lì che può trovare ciò che cerca? o tornerà, una volta finiti i soldi, all'azzardo? Charlie lo seguirà? O riprenderà la sua solita vita tra una rapina subita e una messa a segno?
Questi alcuni degli interrogativi che hanno animato la discussione seguita al film.
Mi sento di invitare tutti quelli che fossero interessati alla visione di questi film e ad uno scambio di opinioni sulla tematica della dipendenza a partecipare ai prossimi appuntamenti del cineforum che ritengo essere un utile e piacevole modo per confrontarsi.

domenica 18 novembre 2007

Otello

Riprende con l'Otello di Shakespeare la stagione di prosa al teatro Fraschini di Pavia. In scena il 15, il 17 e il 18 novembre la tragedia dell'autore inglese, scritta tra il 1602 e il 1603 e messa in scena per la prima volta nel 1604 alla corte di re Giacomo Stuart, è qui ripercorsa dalla regia di Roberto Guicciardini che dirige la Compagnia Sicilia Teatro.
Grazie alla traduzione di Masolino d'Amico, che rimane fedele al testo originale, ritroviamo la potenza dell'opera shakespeariana che narra le vicende del valoroso generale Otello che, innamoratosi della bella e virtuosa Desdemona, la sposa in segreto per poi trasferirsi con lei a Cipro, dopo aver sconfitto i Turchi su incarico del governo veneziano. Ed è proprio nell'isola che scoppia il dramma: Otello, lasciatosi influenzare da Iago, inizia a nutrire il sospetto che l'adorata Desdemona abbia una relazione extraconiugale con il luogotenente Cassio suo amico (Mirko Rizzotto). A nulla serviranno le parole della moglie per difendere la sua fedeltà e la sua virtù, ormai il dubbio si è insinuato nel Moro e il tarlo della gelosia ha corrotto tutto ciò che di puro e sincero nutriva il loro sentimento, portandolo a scorgere in ogni piccolo dettaglio una prova dell'adulterio. Fino al triste epilogo nel quale Desdemona, seppur innocente, trova la morte per mano dello stesso Otello che, una volta scoperto il tragico errore, si suicida.
Sebastiano Lo Monaco, con le sue innegabili doti attoriali -riscontrabili soprattutto nella capacità di tenere la scena e nell'abilità della modulazione vocale che va dalla potenza tuonante degli ordini impartiti ai sottoposti fino alle strozzate espressioni di un uomo vittima dell'irrazionale gelosia e della disperazione conseguente al ravvedimento- dà vita ad un coraggioso condottiero, capace di diventare anche un tenero amante, ma allo stesso tempo di trasformarsi in un irrequieto e folle marito geloso e assassino.
Come il "mostro verde-occhiuto che si beffa del cibo onde si pasce" riesce a impossessarsi di Otello? Centrale è la figura di Iago, interpretato da Massimiliano Vado che presta corpo e voce ad un finto amico che, invidioso del successo di Cassio, nominato nuovo luogotenente, e adirato per un presunto tradimento della moglie con Otello stesso, ordisce un diabolico piano per vendicarsi. Facendo leva sulle insicurezze di Otello (il suo non sentirsi fino in fondo accettato dalla società per via del suo colore, il considerarsi troppo vecchio e poco adatto per una donna così bella...), Iago riesce a far credere all'uomo, attraverso stratagemmi e inganni, che la sua amata non gli è fedele. Falso indizio dopo falso indizio le convizioni di Otello vacillano e il suo orgoglio ferito riversa tutta la sua rabbia su Desdemona che l'attrice Marta Richeldi ben rappresenta come una figura angelica, virtuosa e completamente dedita al marito, che non riesce a capacitarsi del mutamento improvviso dell'amato e che nonostante la sua innocenza rimane docile ai voleri del marito, fino ad incorrere in un destino di morte.
Superato il parziale ostacolo di un'ampia durata, lo spettacolo ben mette in luce lo svilupparsi del sentimento della gelosia che riesce a minare anche gli animi apparentemente più forti, alimentando e ingigantendo fantasmi e paranoie. Ecco così che anche anche un grande amore scivola sulla china del sospetto, così come i due cadaveri di Otello e Desdemona scivolano -nel finale- sull'inclinazione della pedana lignea che costituisce l'elemento principale della scenografia, firmata da Piero Guicciardini, e che di volta in volta diventa piazza veneziana, nave, spiaggia, isola o talamo nuziale, a seconda delle prioiezioni sul telo retrostante il palco. La semplicità della scenografia, bilanciata dall'accuratezza dei costumi (Maurizio Millenotti), nulla toglie alla pregnanza degli elementi visivi che accompagnano l'evolversi degli eventi.
Piacevole anche il fuori programma che nella seconda serata ha visto protagonista Sebastiano Lo Monaco che, smessi i panni di Otello e rivestiti quelli del cabarettista, dopo gli applausi finali, ha interagito col pubblico in un'ironico scambio di opinioni sullo spettacolo e tra una frecciatina alla critica teatrale locale e alla Pavia nordica di un decennio fa, ha saputo ancora una volta mettere in risalto il suo talento istrionico.



VOTO: /5


lunedì 12 novembre 2007

Le onde del cuore

Premettendo che il mio blog solitamente si occupa di film o spettacoli teatrali, questa volta voglio fare un'eccezione parlando di un libro. Non capita tutti i giorni di vedere un caro amico riuscire a raggiungere un'obiettivo importante come la pubblicazione di un proprio scritto e visto che questo è proprio quello che è successo (per ben due volte) ad Andrea Antoniotti, desidero omaggiarlo con questa mia breve recensione per fargli sapere quanto sia contenta per lui e -nel mio piccolo- per fargli un po' di pubblicità.
Mercoledì 14 novembre Andrea sarà a Roma per promuovere il suo secondo libro "Storie di tatuaggi", che verrà presentato anche nel suo paese di nascita (Gropello Cairoli, PV) sabato 1 dicembre 2007, e in attesa di poterlo leggere e recensire ho pensato di iniziare a parlare qui della sua opera prima "Le onde del cuore".
Il libro, pubblicato nel marzo 2007 per le Edizioni Penna d'Autore di Torino, si è classificato tra i semifinalisti del premio Letterario Internazionale 2006 "Trofeo Penna d'Autore" ed è acquistabile online (http://www.pennadautore.it/biblioteca/narrativa2007/antoniotti.htm) al prezzo di 8 euro.
Si tratta di un romanzo breve incentrato su un ragazzo che, in prima persona, racconta la sua storia e quella del suo gruppo di amici alle prese con un momento importante della loro vita: la decisione di abbandonare il porto sicuro della routine, delle abitudini e dei clichè di un piccolo paese per trovare il coraggio di inseguire i propri sogni e le proprie inclinazioni e di riscoprire il proprio rapporto con Dio.
Sulla scia di una trama che ricorda il classico romanzo di formazione, ma senza eccessive pretese di grandezza, in una prosa scorrevole, il cui unico appunto può essere fatto ad alcune scelte lessicali non ancora giunte al pieno della maturità, Andrea Antoniotti riesce con un tocco delicato a seguire questo gruppo di ragazzi che, nella semplicità delle loro esistenze, si trova ad affrontare i dubbi e le difficoltà della vita di tutti i giorni connessi al non sempre semplice passaggio all'età adulta: il protagonista che, stufo dell'impiego d'ufficio e dell'immaturità di certi comportamenti, si decide a cambiare lavoro, incontra l'amore e riesce dopo le iniziali resistenze a superare il blocco dello scrittore; Fabio che, dopo un pellegrinaggio a Santiago, ritrova se stesso, rinsalda il proprio rapporto di coppia e trova un'occupazione che gli permette di esprimersi al meglio; Daniele che insegue all'estero il suo sogno di diventare giocatore di rugby; Emilio che supera i suoi timori e va a vivere da solo e Paolo che, dopo essere stato costretto a rinuciarvi per cause di forza maggiore, riprende il suo percorso verso la carriera calcistica professionale. Storie e caratteri diversi, ma accomunati dal medesimo obiettivo: scoprire quale tipo di mare agita il proprio cuore per riuscire a seguire la propria vera natura, per assecondare il moto ondoso delle proprie passioni e delle proprie necessità.
A chi avanzasse qualche dubbio sulla credibilità di una serie di storie che si avviano tutte verso il lieto fine e che paiono animate da una positività e da un ottimismo che a qualcuno possono sembrare eccessivi o fuori dal mondo, rispondo che nel libro è chiaramente riscontrabile (e in questo sono avvantaggiata, conoscendo personalmente l'autore) una nota autobiografica che permea tutte le esperienze narrate e che si fa garante della veridicità dei sentimenti, delle emozioni e degli stati d'animo che -punto di forza del racconto- sono abilmente e puntualmente descritti nel corso del racconto, che ben riesce a rendere i dubbi, le paure e le insicurezze dei personaggi. Nella narrazione non mancano gli accenni a momenti difficili e ad ostacoli che si presentano lungo il cammino di questi ragazzi, ma che riescono fortunatamente a essere affrontati facendo affidamento sulla forza dell'amicizia e della fede.
E in un periodo in cui siamo bombardati dal fiume di notizie che mettono in luce solo -o quasi- quello che di brutto o meschino possono fare i ragazzi alle prese con le innegabili difficoltà della crescita e della vita, non vorrei che questo libro venisse etichettato come un racconto edulcorato che fugge dalla realtà, perchè -a mio parere- è invece un esempio necessario di come si possa scegliere una strada alternativa, forse controcorrente, ma che che porta i suoi frutti.
Il messaggio di "Le onde del cuore" non vuole con questo esprimere nessun giudizio di merito o di valore sui diversi modi di affrontare il mondo, ma solo lanciare una testimonianza e una speranza.
E non trovo modo migliore per concludere che con alcune delle parole di Andrea, tratte dal romanzo, che vogliono essere un augurio per lui:
"Ascolta il rumore della Vita, emoziona il tuo cuore e scrivi pagine indelebili per coloro che saranno disposti ad aprire l'anima al Mondo."