sabato 26 gennaio 2008

Nome di battaglia Lia

Ieri, 25 gennaio, al Teatro Fraschini il secondo appuntamento con la rassegna Altri Percorsi che ha visto rappresentato sul palco pavese lo spettacolo Nome di battaglia Lia.
In concomitanza con la giornata della memoria, il testo di Renato Sarti, anche regista e attore, salva dall'oblio la storia di Gina Galeotti Bianchi giovane donna partigiana e figura di spicco nei Gruppi di Difesa della Donna milanesi che, incinta, venne uccisa dai nazisti il 24 aprile 1945 proprio mentre portava a termine la sua ultima missione: portare alla Pirelli, insieme alla compagna Stella Vecchio, l'ordine di insurrezione contro i tedeschi. Conosciuta nei gruppi della Resistenza con il nome di battaglia Lia, questa donna forte e coraggiosa incrocia la sua storia con quella di molte altre "eroine" altrettanto determinate e generose che, pur non rinunciando alle semplici gioie della vita come l'andare a ballare o al cinema, si impegnano attivamente per tenere in vita un mondo fatto di solidarietà e desiderio di libertà. E sono proprio alcune di queste donne che, reduci dall'esperienza della dittatura fascista, raccontano e ricordano molti anni più tardi gli episodi che le hanno viste protagoniste nel quartiere Niguarda di Milano e gli avvenimenti tragici di quei giorni in cui perse la vita la loro compagna Lia.
A dar voce a queste figure femminili sono Marta Marangoni e Rossana Mola che, coadiuvate da Renato Sarti, con entusiasmo e vigore rivivono quegli anni sul filo della memoria. In una scenografia spoglia fatta semplicemente di tavoli e sedie e di due biciclette protagoniste sia nello svolgimento delle missioni delle staffette partigiane, sia nell'economia dello spettacolo: è proprio a cavallo di esse che le due attrici entrano sulla scena attraversando la platea e proprio le biciclette torneranno nella coinvolgente ricostruzione finale dell'uccisione di Gina, rievocata sullo scorrere, via via più accelerato, delle immagini delle vie di Milano che si dipanano su uno schermo alle spalle delle due attrici.
La storia di per sè molto toccante è raccontata però in alcuni punti, specialmente all'inizio, in maniera un po' caotica. La recitazione, pena anche qualche problema di acustica non proprio perfetta, risulta a tratti troppo concitata: le battute -sicuramente interpretate sull'onda di una voluta enfasi dettata dalla partecipazione emotiva- sono pronunciate troppo rapidamente e ciò, a volte, non permette di afferrarne a pieno il significato.
Anche la scelta linguistica di mescolare italiano e dialetto milanese risulta, a mio avviso, poco riuscita: i due idiomi non riescono ad amalgamarsi in maniera naturale e gli stacchi tra l'uno e l'altro risultano un po' forzati così come le continue glosse a tradurre alcune espressioni dialettali.
Fuori luogo anche alcuni riferimenti alla storia contemporanea che, con il loro intento ironico-polemico, non vanno al di là delle solite battute trite e scontate, volte a suscitare la semplice risatina di consenso, e nulla aggiungono al vero nucleo significativo dell'opera: l'esaltazione della tenacia e della forza femminile a difesa del valore di libertà.



VOTO: /5

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