sabato 2 marzo 2013

Warm Bodies


Finalmente sugli schermi un film sugli zombie che non farà inorridire le gentili fanciulle un po’ schizzinose come la sottoscritta al cospetto di corpi divorati e teste fatte esplodere. Con questo non voglio illudere gli spettatori di “stomaco debole”, non mancheranno i cervelli mangiati e i crani spaccati dei morti viventi, ma i classici topoi del genere sono rivisitati con stile e conditi con la giusta dose di romanticismo in “Warm Bodies” di Jonathan Levine. 
Accostato da molti alla saga cinematografica di Twilight, il parallelismo rimane solo superficiale e si limita alla narrazione, inserita nel filone adolescenziale, dell’amore sbocciato tra un’umana e un ragazzo a cui letteralmente non batte più il cuore. La verve, lo humor e la tecnica di racconto, però, donano un tocco in più a questo film che ci racconta il mondo degli zombie sotto una nuova luce, non priva della speranza di un riscatto.
Nel classico mondo post apocalittico in cui sopravvive solo una enclave di civiltà difesa con barricate di cemento e armi, scopriamo l’esistenza dei barcollanti ed emaciati zombie che – come  in un novello “The Terminal” – hanno occupato un vecchio aeroporto e lì si trascinano rantolando, uscendo solo alla ricerca di nuove vittime con cui sfamarsi. 
“R” (Nicholas Hoult) è uno di loro, non ha più ricordi, se non quelli altrui che si procura mangiando i loro cervelli, ed ama collezionare oggetti e ascoltare vecchi vinili. Durante una razzia incontra July (Teresa Palmer), figlia del generale che guida la battaglia contro i morti viventi, ed ha un colpo di fulmine. Da questo momento, in una sorta di addestramento alla vita, riscoprirà a piccoli passi, reali e metaforici, cosa significa provare qualcosa ed evolversi alla luce di questo sentimento.
La voce narrante dell’io protagonista ci guida con ironia in questo percorso di (tras)formazione, tra ambienti cupi e una coinvolgente colonna sonora, restituendo fascino e tenerezza alla non molto attraente razza degli zombie. 



VOTO: /5

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