Cosa accade se nella vita di un ultraquarantenne, eterno fidanzato, maniaco dell'arredamento e allergico alle responsabilità, piombano uno strambo psichiatra (Giovanni Ribò) e un bambinone un po' cresciuto (Domenico Aria) in cerca di una figura genitoriale maschile di riferimento? Questo è proprio ciò che scopriremo lungo le due ore di spettacolo che vedono nei panni del protagonista, l'affermato dentista Antonio, uno strepitoso e travolgente Vincenzo Salemme. L'uomo, talmente allergico alla paternità che perfino i suoi amici allo scoprirlo PADRE credono si sia fatto prete, viene coinvolto -contro ogni sua volontà e con la complicità della compagna Marina (Yuliya Mayarchuk)- in un bislacco progetto terapeutico che lo costringerà a confrontarsi con le suo più temuto incubo. Ma per il povero dentista le cose si fanno ancora più complesse visto che, oltre alla improvvisa "nascita", dovrà frontaggiare anche le curiosità e le incursioni di una famiglia d'origine che più assortita e variopinta di così non si può: il cognato Attilio (Nicola Acunzio), la sorella (Susy Del Giudice), la madre (Adele Pandolfi). Se poi ci si mettono anche un assistente (Antonio Guerriero) un po' confusionario e una malcapitata paziente (Roberta Formilli), il divertimento è assicurato.
In una scenografia accattivante e funzionale ai cambi di scena, firmata da Alessandro Chiti, tutti i personaggi si inseriscono e si amalgamano in una compagine comica fatta di perfetta sintonia e di precisa scelta dei tempi, di giochi linguistici e battute umoristiche e di gestualità sapientemente sfruttate a sottolineare gli scambi di battute.
In un turbinio incalzante e coinvolgente Vincenzo Salemme, forte della sua napoletanità consapevolmente e non esageratamente impiegata, colpisce il pubblico che viene coinvolto materialmente nella rappresentazione e non può fare a meno di ridere di fronte alle avventure di questo eterno Peter Pan, come ce ne sono tanti.
E come in ogni commedia che si rispetti, che riesca con leggerezza e ironia a tratteggiare un fenomeno di costume senza però dimenticare di fornire un aggancio alla riflessione, alla fine -volente o nolente- il nostro Antonio farà i conti con il suo istinto paterno che, per quanto nascosto e rimosso, non potrà soffocare....perchè forse le responsabilità, una volta affrontate, non sono poi così male.
VOTO:/5
In una scenografia accattivante e funzionale ai cambi di scena, firmata da Alessandro Chiti, tutti i personaggi si inseriscono e si amalgamano in una compagine comica fatta di perfetta sintonia e di precisa scelta dei tempi, di giochi linguistici e battute umoristiche e di gestualità sapientemente sfruttate a sottolineare gli scambi di battute.
In un turbinio incalzante e coinvolgente Vincenzo Salemme, forte della sua napoletanità consapevolmente e non esageratamente impiegata, colpisce il pubblico che viene coinvolto materialmente nella rappresentazione e non può fare a meno di ridere di fronte alle avventure di questo eterno Peter Pan, come ce ne sono tanti.
E come in ogni commedia che si rispetti, che riesca con leggerezza e ironia a tratteggiare un fenomeno di costume senza però dimenticare di fornire un aggancio alla riflessione, alla fine -volente o nolente- il nostro Antonio farà i conti con il suo istinto paterno che, per quanto nascosto e rimosso, non potrà soffocare....perchè forse le responsabilità, una volta affrontate, non sono poi così male.
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